Mentre lโ€™Artico si scioglie, aumenta la corsa allโ€™oro nero

Undici motoslitte filano veloci sul pack di Devon Island, isola a nord del Canada piรน grande della Svizzera, di fronte al grande nulla dellโ€™Artico. Il vento soffia a oltre 40 km allโ€™ora e alza nuvole di polvere gelata che abbassano la visibilitร  a pochi metri. Si procede con il terrore di perdere la scia di chi sta davanti e di ritrovarsi da soli in quel limite del mondo che non รจ stato pensato per vite umane. ยซLa temperatura รจ a -40ยฐ ma il vento abbassa ancora la percezione del freddo. Lโ€™aria, non so come, riesce a infilarsi nellโ€™apertura inferiore della maschera che tengo sul volto, sopra il passamontagna. Quando arriva sulla pelle brucia come un acidoยป. La pelle in questione รจ quella dellโ€™inviato di Paris Match, Alfred De Montesquiou, che ha seguito la spedizione di un gruppo militare canadese composta da dieci uomini: tre ufficiali di un corpo speciale dei paracadutisti e sette ranger, una milizia di indiani che fu creata durante la Seconda Guerra Mondiale per controllare la costa canadese del nord, minacciata da una possibile invasione giapponese. Insomma gente tosta, che non fa troppo caso alle macchie bluastre che ne segnano i volti, tracce tatuate in modo indelebile da principi di congelamento. ยซI peli delle narici si ghiacciano ed รจ quasi impossibile inspirare dal naso. Si manda giรน lโ€™aria dalla bocca ma รจ talmente gelata che sembra di ingoiare una manciata di spilli. Si tossisce, il respiro si accorcia e i movimenti si fanno lentiยป, riferisce De Montesquiou, che si รจ cacciato in quellโ€™inferno per seguire una missione dellโ€™Operazione Nunalivut che, in lingua inuit, significa ยซQuesta terra รจ nostraยป.

OPERAZIONE NUNALIVIT – รˆ cominciata nel marzo del 2008 e prosegue a pieno ritmo, per mostrare come il Canada sia pronto a difendere i propri diritti in questa corsa nel nuovo Eldorado nordico. Intere aree del pack si stanno sciogliendo a un ritmo impressionante e al loro posto si stanno facendo largo interessi economici piรน grandi degli iceberg. I ghiacci marini artici, che nel 1950 occupavano unโ€™area superiore agli otto milioni di km quadrati, nel 2011 erano scesi a 4,3 milioni. ยซDa giovani abbiamo letto che lโ€™ammiraglio Perry voleva raggiungere il polo Nord usando la slitta: la scorsa estate avrebbe dovuto tentarci a nuotoยป, ha commentato il fondatore del World Watch Institute, Lester Brown. Questโ€™estate si รจ toccato il record di sempre, secondo i dati rilevati dallโ€™Ice Data Center dellโ€™Universitร  del Colorado: nellโ€™Artico si sono sciolti oltre 70 mila km quadrati di ghiaccio. ยซSe procede questโ€™accelerazioneยป, commenta il professor Walt Meier che ha coordinato lo studio, ยซnel giro di qualche decennio il polo Nord potrebbe essere completamente libero dai ghiacciยป.

IL TESORO NASCOSTO – Nellโ€™agosto del 2007 due minisottomarini russi che partecipavano alla spedizione Arktika, piantarono con un braccio meccanico sul fondo del mar Glaciale artico, a una profonditร  di 4 mila metri, due bandiere del loro Paese. ยซQuel gesto simbolicoยป, commenta Alessandro Vitale, ricercatore dellโ€™Istituto per gli studi di politica internazionale, ยซรจ sembrato lo sparo di partenza di una nuova corsa coloniale alla conquista di un continente dalle immense potenzialitร  e di enorme rilevanza geostrategicaยป. Per il nostro mondo, che continua a bruciare energia come le McLaren consumano benzina in un gran premio, non tutto il male vien per nuocere e si balla sulla banchisa che si scioglie. Non importa poi se i mari si alzeranno sommergendo zone costiere grandi come Stati; per il momento si sa che sotto al ghiaccio artico si trova allโ€™incirca un quarto di tutte le riserve mondiali di idrocarburi: il 13% dei giacimenti di petrolio e il 30% di quelli di gas. Quindi: carpe diem e via con le motoslitte a tutto gas per marcare il territorio da sfruttare.

GIACIMENTI – Secondo uno studio del Servizio geologico Usa, perforando i fondali artici si potrebbero estrarre circa 90 miliardi di barili di petrolio, 44 di gas liquefatto e oltre 1.000 miliardi di metri cubi di gas naturale, presenti in 25 aree definite. I confini di questa nuova terra di conquista sono, almeno per ora, fatti di pongo: ognuno li tira dalla sua parte e poi ci mette sopra le proprie bandierine, in un risiko planetario che si gioca per davvero. ยซLe potenze articheยป, ha scritto Ken Coates, professore di storia del Canada del nord allโ€™Universitร  di Ontario, ยซsono convinte che chiunque controlli lโ€™artico possa trasformarsi in una nuova Arabia Sauditaยป.

NORME – Le norme della convenzione Onu per il diritto marittimo, sancite nel 1982, si mischiano con le regole stabilite nel 1996 con la costituzione dellโ€™Arctic Council, Forum internazionale di cui fanno parte i Paesi che si affacciano sul mare Artico: Canada (che rappresenta i territori del Nord-Ovest, il Nunavut e lo Yukon), la Danimarca (che rappresenta Groenlandia e isole Far ร˜er), Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Stati Uniti (che rappresentano lโ€™Alaska) e la Svezia. Poi cโ€™รจ unโ€™altra lunghissima lista di Paesi inseriti nel Consiglio Artico, in qualitร  di osservatori, tra cui la Cina e i principali Paesi europei. Insomma tutti vogliono tenere un piede sul ghiaccio, probabilmente sperando che si sciolga il prima possibile. Le rivendicazioni dei Paesi che si affacciano sullโ€™Artico fanno riferimento alla cosiddetta ยซzona economica esclusivaยป fino a 200 miglia dalle proprie coste, con diverse sovrapposizioni e tensioni diplomatiche conseguenti. Il confronto internazionale nellโ€™Artico, osserva infatti Alessandro Vitale, ยซรจ stimolato dallโ€™incertezza dello status giuridico internazionaleยป. Allโ€™inizio dello scorso aprile i capi delle forze armate degli otto Paesi membri del Consiglio Artico si sono trovati in una base canadese per riprendere la discussione su una spartizione militare dellโ€™area. Il piano del presidente russo Vladimir Putin, tanto per dare un ordine di grandezza degli interessi in gioco allโ€™ombra degli iceberg, prevede un investimento di 44 miliardi di dollari entro il 2020. E gli Usa non stanno a guardare: Obama giร  dal 2011 ha autorizzato la Shell a riprendere perforazioni esplorative nel mare di Beaufort, che erano state sospese dopo lโ€™incidente della piattaforma Deepwater Horizon, il pozzo che ha avvelenato mezzo Golfo del Messico.

NUOVE ROTTE DI NAVIGAZIONE – Lโ€™accelerazione dello scioglimento dei ghiacci, oltre che aprire il vaso di Pandora degli idrocarburi nel sottosuolo artico, nei prossimi anni probabilmente libererร  durante lโ€™estate vie dโ€™acqua in grado di introdurre un cambio epocale nella storia della navigazione e dei commerci. Nellโ€™agosto del 2009 due cargo tedeschi, il Fraternity e il Foresight, hanno portato a termine il ยซpassaggio a Nord- Estยป: partiti da Ulsan, in Corea del sud, sono arrivati a Rotterdam evitando di passare da sud dallo stretto di Suez e attraversando invece quello di Bering, il che significa risparmiare 9 mila km: 15 mila invece di 24 mila. Due anni prima, nel 2007, era giร  stato percorso da una nave lโ€™altro mitico passaggio: quello a Nord-Ovest, che permette di andare da Londra a Tokyo passando a nord del Canada ed evitando quindi il giro dal canale di Panama: una rotta di 16 mila km invece che 28 mila. Lโ€™effetto serra, oltre che le temperature, sta alzando lโ€™entusiasmo di chi non si sofferma troppo sullโ€™apocalisse che lo scioglimento della banchisa polare potrebbe comportare, e sa invece guardare con ottimismo alle nuove frontiere del business che si apriranno al polo Nord quando sarร  finalmente libero dai ghiacci. Del resto lโ€™uso dei combustibili fossili รจ il principale fattore del cambiamento climatico ma, proprio grazie a questo che scioglie i ghiacci, sarร  presto possibile sfruttare nuovi giacimenti di combustibili fossili: รจ tutta una ruota che gira. Forse non dalla parte giusta.

Fonte:www.corriere.it

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