Sopravvivere a un tumore prostata ha evidenti ripercussioni dal punto di vista psicologico: ne abbiamo parlato con il dottor Andrea Cocci, urologo e andrologo.
Indice rapido
Tumore prostata: qual è l’impegno del paziente e qual è l’impegno del medico?
La ricerca e le tecnologie più all’avanguardia fanno sì che al giorno d’oggi sopravvivere a un tumore alla prostata non sia un evento così raro. Al tempo stesso, però, è opportuno cercare di capire le prospettive future e soprattutto indagare le modalità con le quali esse devono essere affrontate. L’attività medica ha potuto compiere passi da gigante in questo ambito, e la mortalità per cancro è in evidente diminuzione, un po’ per la diagnosi precoce, un po’ per i progressi compiuti nello screening. Senza dimenticare, ovviamente, i miglioramenti fatti registrare nelle cure di supporto e nelle terapie. Ciò non toglie che tutti gli specialisti debbano essere consapevoli di come una persona che è sopravvissuta a un tumore alla prostata vada trattata: il che è vero non solo per l’urologo, ma anche per il medico di famiglia. Ci sono aspetti psicologici e sintomi che non possono mai essere sottovalutati.
Quali sono le prospettive future?
Secondo le stime, il numero di pazienti sopravvissuti al cancro nel 2040 sarà di circa 26 milioni. Quasi tutti saranno di età superiore ai 60 anni. È evidente che, in ragione di questo fenomeno, nuove sfide dovranno essere affrontate e nuove opportunità andranno colte, sia da parte dei pazienti e dei loro familiari, sia da parte dei medici. A tal proposito, la comunità medica dovrà capire in che modo far fronte a un numero crescente di sopravvissuti al cancro alla prostata: si tratterà di individuare il metodo di approccio più appropriato e i migliori argomenti che dovranno essere affrontati.
C’è il rischio di recidiva nel caso di un tumore alla prostata?
I pazienti che sopravvivono a un tumore alla prostata ne restano segnati per l’intera vita. Questo è un aspetto di cui deve tenere conto la comunità medica: tutte le cure alle quali i pazienti sopravvissuti si sottopongono non sono altro che una continuazione della cura del tumore. Sia i medici che i pazienti, inoltre, devono sapere che è alta la probabilità di seconde neoplasie e di recidive. Si tratta di una sfida che deve essere colta non solo dal punto di vista materiale ma anche sul piano psicologico, in considerazione del timore che la malattia forni a ripresentarsi o della paura della comparsa di una nuova forma di cancro. È questo il motivo per il quale il medico deve trovare un approccio giusto e un tono adeguato per affrontare il tema.
Il paziente che cosa può fare?
Ovviamente deve seguire per quanto possibile uno stile di vita sano, il che vuol dire seguire un regime alimentare completo ed equilibrato, ma anche praticare attività fisica in maniera regolare. Ci sono, poi, diversi argomenti delicati che devono essere affrontati con attenzione: la comunicazione tra il medico e il paziente, per esempio, ma anche la prevenzione della malattia e gli effetti delle terapie sul lungo periodo. Altrettanto importante è il conseguimento del benessere, sia sul piano psicologico che a livello sociale, fermo restando che una particolare attenzione deve essere dedicata agli adolescenti e alle persone anziane. Insomma, sono molteplici le sfide di natura fisica e di carattere psicologico che devono essere affrontate da una persona che sopravvive a un tumore alla prostata, e il medico che l’ha in cura deve essere in grado di presentare tutte le conseguenze nel modo migliore, dalla disfunzione sessuale all’infertilità .
Dottor Cocci, vuole presentarsi ai nostri lettori?
Ho deciso di dedicare all’urologia la mia vita professionale, e nello specifico mi sono concentrato sulla chirurgia ricostruttiva e andrologica, come fisiologica prosecuzione degli studi universitari. Sono sempre stato appassionato di arte chirurgica e di anatomia, nutrendo un grande interesse nei confronti del processo diagnostico terapeutico da cui scaturisce la guarigione del paziente. Non va mai dimenticato che i disturbi prostatici, così come le patologie oncologiche, non colpiscono solo l’individuo, ma vanno a interferire anche sulla dimensione di coppia. Sono convinto che sia importante, più di tutto, ascoltare i pazienti e tenere conto delle loro esigenze.