Quando occorre decidere di portare il proprio caro, ormai troppo anziano, in una struttura in grado di prendersene cura meglio di quanto possa fare lui stesso o noi? A questa domanda spesso si pensa di rispondere facendo riferimento alle condizioni di autosufficienza dell’anziano, al suo stato di salute, alla preoccupazione da parte dei familiari che possa succedere qualcosa senza la possibilità di aiutarlo.
E’ così in generale, ma c’è un altro motivo, quello che evita all’anziano di sentirsi abbandonato a se stesso. E’ la solitudine, quella che sopraggiunge inevitabile per la perdita del coniuge. Figli e nipoti faticano a stare col parente anziano per molteplici motivi. Magari si trovano in altri paesi, oppure troppo distanti per assicurare un modo di farlo sentire meno solo.
Indice rapido
La solitudine colpisce più del tempo che passa.
Studi fatti sulla salute degli anziani, negli Stati Uniti, hanno dimostrato che lo stato di solitudine espone l’anziano ad un aggravarsi delle sue condizioni generali. Non è solo una questione morale ma anche fisiologica. L’anziano senza stimoli provenienti dalle altre persone tende ad abbandonarsi. E’ la condizione dell’apatia in cui lo stato malinconico emerge e determina un abbassamento delle difese immunitarie. Dagli stessi studi è emerso che gli anziani che vivono in solitudine hanno un tasso di mortalità superiore del 14% rispetto a quelli sono in una casa di riposo.
Si pensa alla casa di cura come ad un luogo per parcheggiare chi non può più sostenere una vita in piena autonomia. Alla luce di quanto detto sopra è vero il contrario. Senza generalizzare bisogna fare i conti anche col luogo ove l’anziano viene accudito. Non tutte strutture sono adeguate a far sentire incluso un anziano.
Combattere la solitudine, prendersi cura del proprio caro e al contempo rendere piacevole il soggiorno è direttamente proporzionale alla tradizione e storia di una casa di cura che ha nel suo DNA l’accoglienza e la cura come puoi vedere visitando questa pagina: Reginaarco.it . La Casa di Cura Villa Regina parte dal presupposto che la struttura deve includere l’anziano in ogni attività utile a farlo stare meglio. Per questo motivo la presenza di un grande parco e di programmi di accoglienza hanno la stessa importanza delle cure e pratiche mediche.
Combattere la solitudine deve essere un’abitudine
Sta anche a noi spezzare una cattiva abitudine perché magari siamo sommersi da mille faccende. Talvolta cerchiamo di migliorare la nostra vita senza riflettere su ciò che davvero ci fa star bene. L’anziano ha molto da dare, lo sanno bene i bambini che li adorano. Sono quegli occhi pieni di bontà che vanno vissuti, consapevoli del tempo che passa, della gioia che deve sorpassare la sensazione di rallentamento che proviamo quando siamo con un nostro caro anziano. Non è lui ad essere troppo lento, siamo noi il più delle volte a non arrestare la ruota vorticosa di impegni vacui. Sentirsi incluso è la normalità della nostra vita, una struttura che realizza questo per un parente anziano soddisfa la prima condizione per renderlo più sereno, e con lui anche noi.
Scegliere la casa di riposo per combattere la solitudine
Cambia totalmente la prospettiva dell’utilità di una struttura adeguata alla cura ma anche all’accoglienza. L’anziano ha la possibilità di prendere parte ad una vita sociale con persone della sua età. Si sente più socialmente attivo, ed instaura legami di amicizia. Per mezzo della vita sociale e dei programmi creativi si sente parte di qualcosa ed è più attivo.
Le cure, l’alimentazione, la sua serenità vengono monitorate costantemente, lo staff di alto livello assicura tutto ciò, ma c’è ancora qualcosa che puoi aggiungere, ed è l’affetto nei suoi confronti.