Emetofobia, quando vomitare diventa una vera fobia.

Potreste non averne mai sentito parlare, ma l’emetofobia, cioè la paura di rimettere, è molto diffusa e spesso va affrontata con il supporto di uno psicologo.

Il termine emetofobia deriva dal greco “emein”, l’atto del vomito, e “fobia”, cioè un illogico timore per qualcosa: una paura molto diffusa, che riguarda non solo la possibilità di sentirsi male personalmente, ma anche il vedere o sentire altri rimettere.

Le implicazioni psicologiche di questo problema possono essere di differente livello ed entità, ma in molti casi vanno ad influenzare la vita e le relazioni sociali del soggetto fobico, legandosi a possibili attacchi di panico quando l’individuo si trova in situazioni in cui risulterebbe difficile isolarsi.

Abbiamo approfondito l’argomento con la Dott.ssa Elena Carbone, psicologa di Milano, specializzata nel trattamento di questo disturbo.

Cos’è l’emetofobia e perché è considerata una fobia?

Identificare un paziente affetto da emetofobia non è sempre facile, anche perché molto spesso questo disturbo viene confuso con i disturbi alimentari, con l’ansia e con gli attacchi di panico. In realtà questa fobia specifica è molto più diffusa di quello che si crede comunemente e in alcuni casi ha delle ripercussioni importanti sulla vita delle persone che ne soffrono.

Queste, per esempio, vivono con forte ansia qualsiasi avvisaglia di nausea, problemi intestinali o possibile vomito nel terrore che la situazione di malessere si verifichi realmente. Un insormontabile scoglio mentale, che spesso impedisce al soggetto di rimettere anche quando il suo organismo ne avrebbe la necessità.

Da cosa è causata questa fobia? Come influenza la vita di chi ne soffre?

Non esiste una causa univoca per l’emetofobia, ma essendo un problema psicologico dipende da tanti fattori diversi: eventi traumatici e problemi durante l’infanzia o l’adolescenza, oppure situazioni stressanti che non vengono o non sono state gestite nella maniera corretta.

E’ proprio la vita quotidiana ad esserne pesantemente influenzata, insieme alla sfera sociale, in quanto i soggetti che ne soffrono tendono ad evitare i luoghi affollati e chiusi per paura di non trovare un luogo in cui rimettere nel caso in cui se ne verifichi la necessità; stesso discorso vale per i mezzi pubblici e i viaggi in genere.

Spesso viene esercitato un controllo maniacale anche nei confronti dell’alimentazione che può diventare anche vero e proprio digiuno e quindi trasformarsi in un disturbo dell’alimentazione. Per le donne, infine, nei casi più gravi, si sviluppa anche un rifiuto della gravidanza nel timore di dover affrontare le tipiche nausee mattutine del primo trimestre di gestazione.

 

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