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La Stevia rebaudiana è una pianta appartenente alla famiglia delle Composite, entrata prepotentemente negli ultimi anni a far parte del linguaggio comune del mondo della nutrizione e delle sostanze naturali.
Si tratta di una pianta nota da millenni alle popolazioni sudamericane le quali la utilizzavano oltre che per il suo potere dolcificante (gli indigeni Guaranì la chiamavano “Ka’a He’e” ovvero ‘pianta dolce’), sia per il suo potere antivirale e antimicotico.
Fu scoperta e studiata scientificamente per la prima volta dal dottor Bertoni, botanico esploratore, che rimase affascinato dalla sensazione dolcissima lasciata dalla Stevia durante la masticazione delle sue foglie; da qui l’ascesa della Stevia fu inarrestabile.
L’interesse attorno a questa pianta dal sapore zuccherino è dato dal fatto che essa sia priva di glucosio e calorie quindi diventa un validissimo sostituto sia dello zucchero ma anche delle altre alternative al saccarosio come aspartame e altri dolcificanti sintetici la cui sicurezza totale non è mai stata dimostrata.
I componenti responsabili del sapore dolce sono lo stevioside e il rebaudioside A i quali presentano un potere dolcificante ben 300 volte superiore a quello del comune saccarosio, inoltre non sono assimilabili dal nostro organismo quindi non apportano calorie, non innalzano l’indice glicemico quindi possono essere utilizzati dai diabetici, inoltre non favoriscono la carie, sono ideali quindi in un regime dietetico e soprattutto non creano la classica dipendenza da sapore dolce data invece dallo zucchero e dagli altri dolcificanti.
Ma quella che troviamo oggi in commercio in supermercati ed erboristerie non è la pianta integrale ma soltanto preparati derivati dalle foglie, quindi i suoi principi attivi: nel corso degli anni infatti la Stevia ha comunque dovuto subire diversi attacchi (i sostenitori della Stevia parlano di vero e proprio boicottaggio da parte delle lobby degli zuccherifici e dell’industria alimentare le quali pare abbiamo fatto il possibile per impedire l’uso della pianta in toto) e accuse di non sicurezza o addirittura cancerogenicità: ma in realtà gli studi effettuati sono da prendere con le pinze sia perché piuttosto datati (anni ’60) sia perché alle cavie di laboratorio veniva somministrato direttamente lo stevioside a dosaggi altissimi, molto più alti rispetto a quelli che naturalmente sono presenti nella foglia della Stevia
Dalla sua la Stevia presenta un uso tradizionale millenario che mai ha dato segni di mancanza di sicurezza o di presenza di effetti dannosi o collaterali, oltre che test più recenti che ne dimostrano la totale mancanza di tossicità a dosaggi normali e che ne confermano sicurezza ed effetti benefici e che hanno permesso l’immissione in commercio di preparati a base di stevioside e rebaudioside aprendo nuove frontiere verso una dolcificazione sempre più naturale e salutare.
Patrizia Lamberti
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