Il processo per la produzione del bioetanolo

La descrizione del processo per la produzione del bioetanolo è articolata in tre sezioni: saccarifera, amidacea (o amilacea) e ligno-cellulosica. Le sezioni della filiera si diversificano nella prima fase del processo, mentre coincidono negli ultimi segmenti (fermentazione, distillazione e disidratazione).

La sezione saccarifera

Per la produzione del bioetanolo gode di una processistica di impianto più semplice rispetto a quella delle altre sezioni della filiera, poiché le materie prime contengono i carboidrati già in forma fermentescibile (glucosio, fruttosio, saccarosio). La prima fase consiste nell’estrazione degli zuccheri. L’estrazione è condotta con modalità diverse a seconda della coltura impiegata.

Al termine dell’estrazione, il succo zuccherino è avviato alla fermentazione. Nella barbabietola gli zuccheri sono accumulati nella radice. Il sottoprodotto dell’estrazione è la polpa che, una volta essiccata, può essere utilizzata nell’alimentazione zootecnica. Il sorgo zuccherino, invece, è raccolto allo stadio in cui gli zuccheri risultano accumulati nei tessuti dello stelo.

La sezione amidacea

E’ caratterizzata dall’esigenza di trasformare l’amido, contenuto nella granella, in zuccheri fermentescibili mediante la reazione di idrolisi. La prima fase risulta essere, dunque, la macinazione della granella per massimizzare la resa della successiva fase di idrolisi.

La macinazione può essere condotta secondo due modalità:

– macinazione per via secca: la granella è sottoposta a triturazione meccanica e solo successivamente è miscelata ad acqua;

– macinazione per via umida: la granella è pretrattata con una soluzione di anidride solforosa.

A questo punto la rottura delle catene di amido in zuccheri fermentescibili è ottenuta mediante l’impiego di enzimi e avviene in due fasi. La prima fase, detta liquefazione, è finalizzata a ridurre la lunghezza delle catene dell’amido e si avvale dell’enzima ?-amilasi.

La seconda fase, denominata saccarificazione, è diretta alla liberazione degli zuccheri fermentescibili (principalmente glucosio) e avviene a opera dell’enzima gluco-amilasi. Al termine dell’idrolisi si procede con la fermentazione alcolica.

La sezione ligno-cellulosica

Per la produzione del bioetanolo è gravata da una complessità, che a oggi la penalizza rispetto alle altre sezioni della filiera, e che ne giustifica l’attuale stato di immaturità tecnologica. Nella parete cellulare, infatti, l’emicellulosa e la cellulosa, convertibili in bioetanolo, sono saldamente strutturate con la lignina, non trasformabile in bioetanolo.

Alcuni zuccheri semplici, liberati nel corso della degradazione dell’emicellulosa (xilosio, arabinosio, mannosio), inoltre, risultano difficilmente fermentescibili. La ricerca scientifica sta mettendo in atto importanti investimenti in questo settore per il superamento degli attuali ostacoli. La prima fase, comunque, è il pretrattamento della biomassa.

Questa operazione è diretta a disorganizzare la struttura della parete cellulare e a separare la cellulosa e l’emicellulosa dalla lignina. Il pretrattamento può essere condotto secondo diverse modalità uno dei quali è il pretrattamento biologico che si avvale dell’impiego di microrganismi, che disgregano la parete cellulare, degradando la lignina.

Le modalità con cui è condotta la fermentazione alcolica sono analoghe per tutte le sezioni della filiera del bioetanolo. La sezione ligno-cellulosica fa eccezione, ma solo in merito al tipo di microrganismo adottato: data la presenza di zuccheri difficilmente fermentescibili, derivanti dal catabolismo dell’emicellulosa, sono in corso di individuazione per la loro trasformazione in bioetanolo microrganismi più efficienti del tradizionale lievito della birra.

Dopo la fermentazione si passa alla distillazione e alla disidratazione. Queste ultime due fasi consentono al bioetanolo di essere utilizzato come combustibile fossile e possono essere condotte con diverse tecniche.

Distillazione azeotropica: è articolata in due operazioni, la distillazione chimica propriamente detta, che consente l’estrazione del bioetanolo, delle altre sostanze volatili e di una certa quantità di acqua, e la rettifica, che permette l’eliminazione delle sostanze volatili e dell’acqua. La rettifica si avvale dell’impiego di un solvente, generalmente benzene, che separa le diverse fasi liquide all’interno di un sedimentatoreq.

Disidratazione per evaporazione: si avvale di membrane selettive, che consentono di sottrarre al bioetanolo l’acqua e le altre sostanze volatili presenti in forma di vapore nel corso della distillazione. Disidratazione per osmosi inversa: l’acqua passa da una soluzione più concentrata di bioetanolo a una meno concentrata, grazie all’applicazione di una pressione uguale o superiore a quella osmotica.